SCANDALI IN SVIZZERA (1960 - 2013)
INDICE: Amici di Carlos - Bachmann-Schilling - Bellasi - Blocher-Roschacher (+ Holenweger) - Cincera - Esercito segreto - Fondi ebraici - Fondi neri bernesi - Gheddafi - Jeanmaire - Kopp - Mirage/Mirage-bomba atomica svizzera - Nef - Nyffenegger - Pilatus - Polanski - Rey (Werner K.) - Schedature - Segreto bancario sotto pressione - Servizi segreti - Sudafrica - Swissair - Tesori dei dittatori - Texon-Credito Svizzero - Tinner - UBS - UBS-USA.
HOMEPAGE ESERCITO SERVIZI SEGRETI SVIZZERI POLITICA
Capita spesso di leggere sui giornali o di sentire in una discussione riferimenti a scandali, o semplici "casi" o "affari", recenti o più lontani nel tempo, e di non sapere o non ricordare più bene di che cosa si tratti. In questa pagina provo a fornire un riassunto di quelli che mi sono finora venuti in mente, a partire dagli anni Sessanta del XX secolo, e di alcuni casi attuali, che aggiorno quando capita. Seguendo i miei interessi personali, ho dato più spazio agli scandali politico-militari, mentre ho trascurato un po' quelli economici. Si tratta in genere di casi piuttosto complessi, che ho "ri-scavato" in modo superficiale in poco tempo. Spero dunque di non essere stato troppo impreciso e di poter correggere presto eventuali errori. Ho seguito un ordine alfabetico con parole chiave e non un ordine cronologico. Per i collegamenti ipertestuali mi sono servito soprattuto di Wikipedia, per quanto possibile in italiano.
Amici di Carlos - Nel settembre 1994 la procuratrice generale della Confederazione Carla Del Ponte fa arrestare il ticinese Giorgio Bellini,
la sua ex compagna e due ginevrini per "ripetuto assassinio e tentato
assassinio": "le esperite commissioni rogatorie in Francia e in Germania
hanno permesso l'accertamento di concreti e gravi indizi di
colpevolezza" circa una loro "partecipazione, dal 1979 al 1983,
all'attività terroristica svolta dal gruppo capeggiato dal noto Carlos",
al secolo Ilich Ramirez Sanchez, si legge in un suo comunicato del 26 settembre.
I quattro sono però scarcerati nei mesi successivi, poiché la
procuratrice non riesce a trovare alcuna prova per l'incriminazione
formale. Il 21 giugno 2000 la Procura federale archivia il caso dei cosiddetti "amici di Carlos" (che Bellini ha effettivamente incontrato -> WoZ
), precisando che "gli elementi acquisiti durante la procedura
d'indagine non permettono di promuovere un atto d'accusa". La
Confederazione è bacchettata il 30 novembre
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per aver trattenuto troppo a
lungo in carcere preventivo i due ticinesi, e dovrà poi versare loro
decine di migliaia di franchi di indennizzo. In margine a questa vicenda
riappare anche la figura di Bruno Breguet, un locarnese diventato davvero un "amico di Carlos" (con la compagna di quest'ultimo Magdalena Kopp
era stato condannato in Francia nel 1982 a cinque anni di carcere),
dopo aver scontato sette anni in Israele negli anni '70 per aver tentato
di introdurre nel paese dell'esplosivo da consegnare ai guerrigleri
palestinesi. Breguet scompare misteriosamente l'11/12 novembre 1995
nel porto greco di Igumenitsa, dopo che i doganieri italiani gli
avevano rifiutato lo sbarco ad Ancona. La sua sorte rimane tuttora
ignota.
Bachmann-Schilling - Il 27 novembre 1979 gli svizzeri spalancano gli occhi prendendo in mano il "Blick": cinque giorni prima tale Kurt Schilling, un uomo sulla sessantina dal fare impacciato, è stato sorpreso a St.Pölten nella Bassa Austria a spiare le "grandi manovre" dell'esercito austriaco munito di cartina e cannocchiale. A mandarlo sarebbe stato il capo dei servizi segreti militari in persona: il colonnello Albert Bachmann -> Der Spiegel 53/1979, 20 Minuten). La "spy story" da operetta che fa ridere mezza Europa è l'inizio di uno scandalo che agiterà il paese per un paio d'anni e che permetterà di fare un po' di luce sull'ambiente che regnava in quegli anni nel servizio segreto militare elvetico, scosso ma non più di tanto dal recente caso Jeanmaire (v. sotto). Il rapporto d'inchiesta parlamentare (presidente del gruppo di lavoro: Jean-Pascal Delamuraz), pubblicato in forma molto censurata il 19 gennaio 1981, rivela una vera e propria babilonia nel "Gruppo informazioni e sicurezza (GIS)": disorganizzazione, complotti, lotte intestine, capi ignari o del tutto incapaci di rimediare a questi problemi. Ex giovane comunista passato ai servizi del Dipartimento militare federale (DMF), già coautore del contestatissimo libretto rosso "Difesa civile" ("de.wikipedia) uscito nel 1969, gran faccendone, Albert Bachmann, che non era il capo del GIS ma un subordinato iperattivo, aveva creato un "servizio di informazioni particolare" top secret in grado di assumersi "rischi accresciuti", non esclusa la violazione del diritto di paesi esteri. Nel 1976 aveva inoltre rivitalizzato una "Sezione servizio speciale" anteriore, incaricata di "preparare la resistenza in caso di occupazione" (v. sotto Esercito segreto) e aveva assunto il comando dei due servizi, oltre che di una organizzazione d'intelligence privata, facendo di tutto un fascio in violazione delle più elementari norme di sicurezza. Il parlamento si limita tuttavia a chiedere un po' di pulizia, con una separazione più netta dei servizi in questione. Un atteggiamento le cui conseguenze saranno palesi nove anni dopo: il 23 gennaio 1990 la commissione parlamentare d'inchiesta sul DMF, successiva a quella sul "caso Kopp" e sulle schedature della Polizia federale, rivelerà l'esistenza della P26 e della P27 (-> SERVIZI SEGRETI), cloni non troppo modificati dei due servizi di Bachmann. Tutti si mostreranno sorpresi, ma la sopravvivenza delle due organizzazioni era facilmente desumibile dal rapporto "Affare Bachmann", approvato dal Consiglio nazionale il 3 marzo 1981 con 142 voti contro 6 (i deputati dell'estrema sinistra). Il rapporto è consultabile online (ma non linkabile qui) tra i documenti dell'Archivio federale (Foglio federale): inserire "rapporto Bachmann" nella mascherina di ricerca. Brevi bio di Bachmann e Schilling alla pagina SERVIZI SEGRETI - NOMI E SIGLE; Video TSR.
Bellasi - Il 13 agosto 1999 l'ex contabile del Gruppo servizio informazioni (GSI, intelligence militare -> G) Dino Bellasi
viene arrestato con la moglie all'aeroporto di Kloten per sospetta
appropriazione indebita: avrebbe sottratto tra il 1994 e il 1999 quasi
nove milioni di franchi alla Confederazione. Il 16 agosto
la Procura federale scopre a Berna-Bümpliz un arsenale appartenente a
Bellasi; più tardi vengono trovati altri depositi di armi e scoperte
ville in Austria e in Portogallo di proprietà del funzionario. Il caso
investe i vertici dei servizi segreti militari, in primis il capo del
GSI Peter Regli, che viene sospeso ("posto in congedo", dice il ministro della difesa Adolf Ogi il 22 agosto). Il 23 agosto André Seydoux,
difensore di Bellasi, dichiara che il suo assistito è stato incaricato
da Regli di costituire un "esercito segreto", erede della P26 (v. Esercito segreto) smantellata nei primi anni '90, da finanziare attraverso uno storno illegale di fondi. Il 31 agosto Bellasi ritratta. Il 14.2.2003 è condannato a sei anni di reclusione per truffa e altri reati, ma è liberato nell'agosto 2004
(deduzione del carcere preventivo e sconti per buona condotta). Dal
canto suo, Regli è riabilitato, dapprima dalla procuratrice federale Carla Del Ponte (31 agosto), poi dal ministro Ogi (2 dicembre), per la vicenda Bellasi come per il caso Sudafrica
(v.), ma rimane sospeso e relegato al compito di trasmettere agli
archivi militari e documenti e le conoscenze accumulate come capo del
GSI. Ogi annuncia che il divisionario urano-ticinese (nato il 20 luglio
1944 ad Airolo ma originario di Göschenen, ingegnere aeronautico e già
pilota militare -> Die Chefs des Schweizerischen Nachrichtendienstes [PDF]), andrà in pensione anticipata, a 56 anni, alla fine del 2000, con l'80% del salario fino al compimento del 65esimo compleanno.
Blocher - Roschacher (+ Holenweger) - Il procuratore generale della Confederazione Valentin Roschacher, oggetto di critiche per il suo operato sin dal 2004, si dimette il 5 luglio 2006. Il settimanale "Weltwoche", vicino all'UDC, lo ha accusato, in un articolo pubblicato il 1° giugno seguito da altri una settimana dopo, di essersi fatto ingannare dalle segnalazioni ricevute da un ex "barone della droga" colombiano, José Manuel Ramos, e di avere aperto un'inchiesta per riciclaggio, rivelatasi un fiasco, contro il banchiere zurighese Oskar Holenweger (arrestato l'11.12.2003 e rilasciato dal carcere preventivo nel gennaio 2004). Il 5 settembre 2007
la commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-CN) tiene
una conferenza stampa da cui sembra emergere l'esistenza di un complotto
per destituire Roschacher o spingerlo alle dimissioni, con l'apparente
coinvolgimento del ministro della giustizia Christoph Blocher, che conosceva Holenweger dai tempi del servizio militare. A "incastrare" Blocher sarebbero schizzi (-> immagine) e documenti sequestrati proprio a Holenweger a Stoccarda (D) il 26 marzo 2007 e trasmessi a Berna (la stampa parla di un "Piano H",
termine del gergo militare per indicare un piano d'azione in cui H è
riferito a un giorno X preciso in cui deve avvenire un avvenimento). Blocher nega e grida a sua volta al complotto. Il 4 settembre 2008, l'ormai ex ministro ("diseletto" dal parlamento il 12.12.2007) querela la consigliera nazionale Lukrezia Meier-Schatz (PPD/SG -> de.wikipedia),
presidente della sottocommissione della CdG-CN incaricata di vigilare
sul Dipartimento federale di giustizia e polizia, il collega Jean-Paul Glasson
(PLR/FR) e tre procuratori federali accusandoli di violazione del
segreto d'ufficio, tentata coazione e associazione illecita: avrebbero
agito in combutta per danneggiarlo, con la pubblicazione dei documenti
Holenweger. Le Camere federali rifiutano di revocare l'immunità parlamentare dei due deputati, mentre il procuratore straordinario Thomas Hug decide il 24 giugno 2009 di non dar seguito alla denuncia di Blocher contro i tre procuratori. Il 9 novembre (notizia l'11) il Tribunale penale federale (TPF) boccia il ricorso di Blocher. Il 6 maggio 2010 il banchiere Oskar Holenweger (*13.10.1944) è rinviato a giudizio davanti al TPF,
dopo 7 anni di inchiesta, per falsità in documenti, amministrazione
infedele, riciclaggio aggravato e corruzione di pubblici ufficiali
stranieri. Avrebbe contribuito, tramite società offshore, alla costituzione di fondi neri
del gruppo industriale francese Alstom destinati al pagamento di
tangenti in Sudamerica e Asia. Avrebbe inoltre accettato nell'autunno 2003 da un agente infiltrato tedesco ("Markus Diemer") della Polizia giudiziaria federale 830'000
euro indicatigli come provento di traffico di droga e tentato di
occultarne la provenienza illegale tramite una serie di
transazioni bancarie. Sono invece lasciate cadere le accuse iniziali di
riciclaggio da cui era partita l'inchiesta nel 2003 sulla base delle
informazioni di José Manuel Ramos. Il processo si tiene tra l'11 e il 15 aprile 2011.
L'accusa chiede 30 mesi di carcere di cui sei da scontare e una pena
pecuniaria di 400 aliquote da 300 franchi (120'000 franchi) senza
condizionale, la difesa il proscioglimento. Il 21 aprile 2011 la Corte penale del TPF assolve Holenweger su tutta la linea e gli accorda 385'000 franchi di risarcimento e 35'000 franchi di riparazione per torto morale. -> Info MPC, cs 6.5.2010: Procedimenti paralleli e inchieste [PDF] . Più info: Roschacher-Affäre - de.wikipedia, "Weltwoche", Blick, NZZ.
Cincera - Il "caso Cincera", chiamato anche "il Watergate zurighese", scoppia il 23 novembre 1976, quando l'organizzazione di sinistra "Manifesto democratico", tra le cui file militava il giornalista Jürg Frischknecht, rivela l'attività privata di schedatura politica di Ernst Cincera
(1928-2004), tenente colonnello e già granconsigliere PLR: con l'aiuto
di informatori, questi gestisce un archivio sull'attività di circa 3500
persone, in genere di sinistra (ma c'era anche la sciatrice Marie-Therese Nadig perché un burlone aveva firmato un volantino a suo nome!), consultato anche da terzi. Il Manifesto, accortosi che il cassiere dell'organizzazione, lo studente A. K., è un informatore di Cincera,
si fa aprire l'archivio segreto e pubblica diversi documenti (in parte
provenienti da uffici pubblici), fra i quali una lettera dell'allora
granconsigliere UDC Christoph Blocher,
che lamentandosi per "lo sviamento a sinistra della nostra Chiesa",
denunciava l'attività del caporedattore del bollettino ufficiale
protestante zurighese Kirchenbote. Nel 1977
il "cacciatore di sovversivi" pubblica la sua versione dei fatti nel
libro intitolato "Unser Widerstand gegen die Subversion in der Schweiz"
("La nostra resistenza contro la sovversione in Svizzera"). Nonostante
lo scalpore provocato dalla vicenda, Cincera è nel 1979
primo subentrante sulla lista zurighese PLR alle elezioni federali e
nel 1983 è eletto in Consiglio nazionale. Nello stesso anno riceve un
premio dall'"Athenäum Club Schweiz
a "riconoscimento del suo impegno in favore della libertà democratica e
della sua coraggiosa attività d'informazione a tutela della volontà di
difesa". Nel 1995 Cincera si ritira dalla vita politica attiva, rinunciando a ricandidarsi per il Nazionale. Muore il 30.10.2004. Info: DSS, de.wikipedia.
Esercito segreto - In Svizzera esisterebbe un esercito segreto costituito da 2'000 uomini, incaricati di far resistenza nel caso dell'occupazione del territorio nazionale da parte di una potenza straniera, rivela il 26 febbraio 1990 lo "Schweizer Illustrierte". Secondo il settimanale, di questo "esercito ombra" sarebbe a conoscenza solo qualche alto funzionario del Gruppo informazioni e sicurezza (GIS), il servizio segreto militare. La fonte è un ex ufficiale del GIS, secondo il quale l'esercito ombra è stato costituito nel 1976 dal colonnello Albert Bachmann ( -> Bachmann-Schilling). In un rapporto che fa un gran chiasso, una commissione parlamentare d'inchiesta (CPI DMF o CPI 2) fornisce una parziale conferma il 23 novembre 1990 (PDF Evénements auf DMF - Rapport de la CEP; Vorkomnisse im EMD - Bericht der PUK, 277 pp -> Visualizzazione rapida in tedesco) e dà anche un nome all'organizzazione: P26. Chiamarla "esercito" è tuttavia una esagerazione: sono circa 400 quadri, tutti reclutati dopo i 45 anni. Per di più, l'esistenza dell'organizzazione non dovrebbe essere una vera sorpresa: già se ne parlava nel 1981 nel rapporto parlamentare sul caso Bachmann. Capo della P26 era il colonnello SMG Efrem Cattelan, detto Rico, che presentato alla stampa stupisce soprattutto per la sua somiglianza con Mikhail Gorbaciov. La commissione non riesce a trovare prove definitive di una collaborazione con la rete Stay Behind ma solo con il servizio segreto britannico MI6. La P26, costata 53 milioni di franchi tra il 1979 e il 1990, è ufficialmente sciolta, ma se ne riparlerà alla fine degli anni '90 con il "caso Bellasi" . Più info alla pagina SERVIZI SEGRETI - NOMI E SIGLE. Inoltre: Bmlv.gv.at, de.wikipedia, en.wikipedia, fr.wikipedia, P26 risultati Google (It), P26 risultati Google (ted).
Documentazione:
Fondi ebraici - Lo
"scandalo" dei fondi ebraici in giacenza mette parecchio a disagio la
Svizzera nei secondi anni '90 (1995-98),
quando organizzazioni ebraiche e asseriti eredi chiedono risarcimenti
dapprima milionari e poi miliardari per i fondi depositati
nelle banche elvetiche da persone, per lo più ebrei, divenute in seguito
vittime dell'Olocausto nazista. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le
banche avevano trascinato per le lunghe la questione, puntando su una
interpretazione restrittiva del diritto e non brillando per volontà di
restituzione. Il 23 ottobre 1996 il Dipartimento federale degli affari esteri
istituisce una "task force" incaricata di coordinare tutte le questioni
relative al ruolo della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, con
alla testa l'ambasciatore Thomas Borer. La disputa con gli ebrei assume toni assai aspri soprattutto a partire dal 31 dicembre 1996, quando il presidente della Confederazione Jean-Pascal Delamuraz,
in una intervista pubblicata da due giornali romandi, definisce "un
ricatto" le rivendicazioni ebraiche accompagnate da più o meno velate
minacce di boicottaggi, suscitando vive reazioni nella comunità
israelita. Dagli USA partono a raffica dichiarazioni polemiche e
"rivelazioni" sulle malefatte elvetiche da parte di Alfonse D'Amato,
presidente della commissione bancaria del Senato, che perlopiù riesuma
documenti d'archivio già noti da tempo agli storici spacciandoli per
"appena scoperti". Anche i dirigenti ebrei picchiano duro: nel marzo 1998 Edgar Bronfman, presidente del Congresso ebraico mondiale (WJC), minaccia la Svizzera di "guerra totale" (espressione cara a Joseph Goebbels -> totaler Krieg!) a suon di boicottaggi se non pagherà i tre miliardi da lui chiesti (-> Google). La vertenza sfocia in diverse cause collettive (class actions), che trovano infine una soluzione extragiudiziale con l'"accordo globale" concluso
a New York il 12 agosto 1998 da UBS e Credit Suisse e con il successivo
versamento, da parte delle due grandi banche, di 1,25 miliardi di
dollari (1,8 milioni di frs, allora) alla controparte ebraica (-> Swissinfo, Swissbankclaims.com), dei quali 178 milioni non erano ancora stati distribuiti 12 anni dopo! (-> notizia ATS 1.7.2010 sul "Memorandum & Order" del giudice newyorkese Edward Korman del 16.6.2010 -> originale PDF da SWISSBANKCLAIMS.COM). La disputa sui fondi si era nel frattempo allargata, con la rimessa in
discussione del comportamento generale della Svizzera durante la guerra
(asilo rifiutato, "oro nazista", ecc.). Il 7 maggio 1997, il sottosegretario di Stato americano Stuart Eizenstat pubblica un rapporto
in cui sostiene che la Svizzera è stata il banchiere di Hitler e ha
contributo a prolungare il conflitto mondiale. Il riesame del
comportamento della Svizzera è affidato a una commisione nominata il 19.12.1996 dal Consiglio federale e presieduta dallo storico Jean-François Bergier. Esso sfocia in 25 studi
settoriali e nel rapporto finale della Commissione Bergier, presentato il 22 marzo 2002 a Berna. -> Sito web C. Bergier. Per approfondire v. anche FONDI EBRAICI - CRONOLOGIA, Dizionario storico della Svizzera, CRONOLOGIA SWISSBANKCLAIMS.COM con documenti originali).
Fondi neri bernesi - Il 23 (22?) agosto 1984 il 33enne Rudolf Hafner,
revisore al Controllo delle finanze cantonale bernese, invia ai membri
del Gran Consiglio un rapporto esplosivo, in
cui rivela l'impiego illecito per parecchi anni, da parte del governo,
di fondi della lotteria SEVA a fini illeciti, privati e pubblici, in
particolare a
sostegno dei movimenti antiseparatisti pro bernesi del Giura e del
Laufental. E chiede un'inchiesta disciplinare contro il governo stesso.
Lo scandalo che ne nasce conduce al ritiro di due
consiglieri di Stato, Werner Martignoni (finanze, UDC) e Hans Krähenbühl (polizia, PLR) - che non si ripresentano più alle elezioni del 1986 - come pure alla
ripetizione (il 12.11.1989) della votazione dell'11.9.1983 sul futuro del distretto di Laufen (fr.wikipedia,
primo esito a favore di BE, secondo per BL).
Hafner si vede perquisire la casa, sospettato di violazione del segreto
d'ufficio. Alle elezioni del 1986 - da
cui esce per la prima volta nel cantone un governo rosso-verde - è
eletto brillantemente nel Gran Consiglio e nel 1987 nel Consiglio
nazionale, dove torna poi nell'anonimato tra le file dei Verdi. Ted.
Berner Finanzaffäre, fr. scandale des caisses noires bernoises. Più info
su G26.ch.
Gheddafi - I rapporti tra Svizzera e Libia si incrinano inesorabilmente dopo l'arresto (2 notti in guardina), il 15 luglio 2008, in un albergo 5 stelle di Ginevra, di Hannibal Gheddafi, figlio del leader libico Muammar, e di sua moglie Aline, denunciati per maltrattamenti da due domestici maghrebini. Tripoli adotta una serie di misure di ritorsione. Dal 19 luglio trattiene in ostaggio due uomini d'affari svizzeri con l'accusa di "soggiorno illegale" e "attività economiche illegali": sono Max Göldi (54), un ingegnere bernese che dirigeva la filiale libica di ABB, e Rachid Hamdani (*27.10.1940), uno svizzero-tunisino domiciliato nella regione di Nyon (VD); Swiss deve ridurre e poi sopprimere i voli; la Libia riduce nel corso del 2008 l'importo dei suoi averi in Svizzera da 5,748 miliardi a 628 milioni di franchi; le importazioni di greggio libico crollano del 90% nei primi sei mesi 2009. Il 20 agosto 2009 il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz va a Tripoli a sorpresa e senza consultare i colleghi di governo, si scusa pubblicamente definendo l'arresto "sproporzionato e inutile" e accetta l'istituzione di un tribunale arbitrale internazionale (-> Comunicato DFF 20.8; Accordo Libia-Svizzera (pdf, 537kb). Merz ottiene oralmente l'assicurazione che i due ostaggi svizzeri potranno tornare in patria entro fine mese. Se non sarò riuscito nel mio intento, "avrò perso la faccia", dichiara il 21 agosto a Berna. I due svizzeri non tornano, ma Merz non si dimette. Il 23 settembre a New York Merz incontra Gheddafi che non aveva visto a Tripoli, ma i rapporti non migliorano. Si apprende anzi che i due svizzeri sono stati posti in detenzione in "luogo sicuro" il 18 settembre, nel timore di un tentativo di liberazione da parte svizzera! Il 20 ottobre scade con un nulla di fatto il termine di 60 giorni fissato per "ristabilire le normali relazioni" tra i due paesi. Berna cambia tono e il 4 novembre sospende l'accordo con la Libia. Il 9 novembre i due ostaggi tornano all'ambasciata. Il 30 novembre sono condannati a 16 mesi di carcere per "soggiorno illegale". Successivamente Rachid Hamdani è assolto su tutta la linea, mentre Göldi è condannato in appello a quattro mesi di carcere per "soggiorno illegale", dopo essersela cavata con una multa simbolica per "attività economica illegale". ll 22 febbraio Hamdani può lasciare la Libia e tornare in Svizzera l'indomani, mentre Göldi si consegna alla giustizia ed è incarcerato. Da metà febbraio la vertenza coinvolge intanto l'intera UE: Tripoli sospende infatti i visti per tutti i cittadini dell'area Schengen, in ritorsione al blocco svizzero (da dicembre 2009) dei visti per circa 180 notabili libici, che tutti i paesi aderenti allo spazio Schengen devono rispettare. La questione si risolve dopo la revoca svizzera, il 25 marzo, su pressione dell'UE, della sua "lista nera". Göldi rimane in carcere e sconta l'intera pena, fino al rilascio il 10 giugno 2010. Può lasciare la Libia il 13 giugno. -> CRONOLOGIA DEL CASO GHEDDAFI - SVIZZERA.
Jeanmaire - Il brigadiere Jean-Louis Jeanmaire è arrestato il 9 agosto 1976
a Losanna con l'accusa di aver comunicato segreti militari all'Unione
sovietica. Ancor prima che cominci l'istruttoria il consigliere federale
Kurt Furgler, ministro di giustizia e polizia, lo accusa di aver passato ai
sovietici documenti "top secret" e la stampa non esita a definirlo "traditore del secolo". Il 17 giugno 1977
Jeanmaire è condannato a 18 anni di reclusione per alto tradimento. In
realtà, della lista di documenti da lui consegnati all'addetto militare
sovietico a Berna Vassili Denissenko,
da cui si era lasciato affascinare (e lui aveva ricambiato con la
moglie di Jeanmaire!) per la sua "esperienza di guerra", solo due erano
stati classificati "segreti": regolamenti sulle prescrizioni generali in
caso di mobilitazione. Gli altri documenti erano solo "confidenziali ",
"a uso esclusivo del servizio" o senza classificazione. Jeanmaire
(morto a 81 anni il 29.1.1992) non ha mai cessato di proclamarsi innocente, pur ammettendo le sue ingenuità. La commissione parlamentare d'inchiesta "CPI DMF" afferma nel rapporto Jeanmaire del 5.3.1991 (lo stesso giorno il Consiglio federale revoca il segreto militare e pubblica atto d'accusa e sentenza) di
non aver constatato, "nell'ambito delle sue
ricerche limitate, alcun atto scorretto da parte del Ministero pubblico
della Confederazione" e neppure durante il procedimento militare. Non
trovano conferma neppure le rivelazioni e congetture giornalistiche su
uno Jeanmaire
capro espiatorio per coprire uno scandalo di spionaggio ancor più
grande. Politicamente "riabilitato", infine, l'ex ministro della
giustizia Furgler, che non avrebbe mai definito Jeanmaire
"traditore del secolo" né avrebbe formulato false accuse influenzando i
giudici. Secondo la CPI, che non ha potuto verificare i fatti, la
polizia
federale fu informata da un servizio segreto straniero non precisato -
per la prima volta nell'ottobre 1974 e poi ancora l'anno successivo -
dell'esistenza di diverse persone che avrebbero avuto contatti con il
servizio segreto militare sovietico GRU negli anni '60. Fra questi, due
coniugi residenti a Losanna, chiamati in codice dal GRU "Mur e Mary":
lui alto ufficiale occupato a Berna, la moglie in apparenza di origine
russa. Le indicazioni sarebbero state sufficientemente precise per
condurre senza rischio d'equivoci - a giudizio della CPI - a Jean-Louis
Jeanmaire e alla moglie Marie- Louise, svizzera nata in Russia. Alla vicenda Jeanmaire ha dedicato un libretto, tradotto anche in italiano ("La pace insopportabile", 1991), il grande romanziere britannico John Le Carré. Più info: Video TSR "L'affaire Jeanmaire,13.04.1989, Dizionario Storico della Svizzera, 20 Minuten, Woz, NZZ.
Kopp - Lo scandalo che costringe alle dimissioni immediate il 12 gennaio 1989 Elisabeth Kopp,
la prima donna ad accedere - nel 1984 - al Consiglio federale, può
essere considerato un po' "la madre di tutti gli scandali" che hanno
occupato la Berna federale di fine secolo XX. Tutto comincia il 4 novembre 1988, con un articolo del "Tages Anzeiger" sulla "Lebanon connection" e i rapporti tra Hans Kopp, marito di Elisabeth, e i due fratelli Jean e Barkev Magharian,
sospettati di riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di
droga. A carico della Kopp emergono in seguito due colpe: la prima
è la "breve telefonata" del 27 ottobre 1988,
con la quale la consigliera federale avverte il marito di un'inchiesta
in corso inducendolo a dimettersi da vicepresidente del consiglio
d'amministrazione della Shakarchi Trading, una società
finanziaria sospettata di riciclaggio che aveva rapporti con i
Magharian; la seconda, giudicata ben più grave, è di aver mentito sulle
circostanze e il contenuto della telefonata, di aver cercato di
scaricare le colpe su una collaboratrice, di non aver voluto riconoscere
i propri errori. L'intricata vicenda è documentata nel rapporto
pubblicato il 22 novembre 1989 da una commissione parlamentare d'inchiesta presieduta da Moritz Leuenberger, che lancia qui la sua futura carriera di ministro (-> [PDF] 89.006 Evénements survenus au DFJP, l'edizione italiana non si trova online).
Nel rapporto tuttavia il "caso Kopp" diventa ormai quasi secondario di
fronte alle rivelazioni che danno avvio a uno scandalo di ben maggiore
portata, quello delle schedature (v.), che a sua volta innescherà quello
dell'"esercito segreto" (v., come anche alla voce P26 alla pagina P). Più info: it.wikipedia; fr.wikipedia; de.wikipedia. V. anche alla voce Schedature.
Mirage - Forse il
maggiore scandalo che abbia scosso la Berna federale nella seconda metà
del XX secolo prima di quello delle schedature. Abbandonata alla fine
degli anni '50 l'idea di fabbricare il P-16 concepito dall'industria aeronautica svizzera, il Consiglio federale propone, nell'aprile 1961, l'acquisto di 100 Mirage III-S
francesi, costruiti in serie e completamente equipaggiati. Prezzo: 871
milioni di franchi. Il parlamento approva il credito senza batter
ciglio. Seguono tre anni di silenzio, durante i quali il Dipartimento
militare federale (DMF) apporta modifiche al progetto senza informare le
Camere e i costi, già calcolati in modo assai poco preciso all'inizio,
si rivelano ben maggiori del previsto. Il 24 aprile 1964,
fulmine a ciel sereno: il governo chiede alle Camere altri 576 milioni,
senza peraltro poter garantire che basteranno. L'indomani, l'"affare
dei Mirage" scoppia sulla stampa di tutto il paese, che chiede a gran
voce l'istituzione di una commissione d'inchiesta parlamentare. La
commissione - una novità per la Svizzera - si fa ed è il conservatore
(oggi PPD) sangallese Kurt Furgler, futuro consigliere federale, a presiederla. Nel rapporto adottato il 1 settembre 1964,
essa svela le gravi negligenze avvenute - già delineate da una
commissione d'esperti - ripartendole tra il governo, il ministro della
difesa Paul Chaudet e
alti funzionari del DMF. La commissione valuta a forse due miliardi il
prezzo finale per 100 aerei e propone quindi di ridurne il numero a 57,
per un costo valutato comunque attorno al miliardo e mezzo di franchi.
Rinunciare ai "Mirage", secondo Furgler e colleghi, sarebbe in ogni caso
costato alle casse federali attorno agli 850 milioni. Le proposte della
commissione sono accettate a larga maggioranza dalle Camere in
settembre-ottobre. Una decisione accolta con commenti decisamente
negativi. La stampa denuncia il compromesso umiliante che non risolve
nulla e che lascia in poltrona - scrive sul giornale del PLR ticinese
"Il Dovere" Plinio Verda
- "responsabili ippopotamici". E probabilmente questo atteggiamento
degli stessi ambienti borghesi a indurre il presidente della
Confederazione Ludwig von Moos ad annunciare, il 7 ottobre 1964, le dimissioni del capo dello Stato maggiore generale Jakob Annasohn e il siluramento del capo dell'aviazione e DCA Etienne Primault.
Una misura che soddisfa ben pochi. Rimane in sella Paul Chaudet, di cui
la stampa, anche borghese, aveva chiesto le dimissioni. Ma la sella
vacilla: anche Chaudet, cedendo alle pressioni del suo stesso Partito
liberale radicale, finisce per dimettersi il 28 novembre 1966. Documenti: -> Rapport
présenté aux chambres fédérales par les commissions constituées par le
Conseil national et le Conseil des Etats pour enquêter sur l'affaire du
Mirage, du 1er septembre 1964 (PDF). V. anche Dizionario storico della Svizzera.
Mirage e bomba atomica svizzera. Per i vertici del DMF, il primo
aereo supersonico che la Svizzera progettava di acquistare non doveva
servire solo da intercettore a scopi di difesa, ma anche da
cacciabombardiere capace di sganciare ordigni nucleari. "Se avessimo un
apparecchio come il Mirage, capace di volare fino a Mosca con a bordo
bombe atomiche, potremmo prendere in considerazione un impegno in
territorio nemico", afferma alla fine del 1957 il comandante delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea Etienne Primault,
citato in una cronistoria sulle velleità elvetiche di diventare una
potenza nucleare (formalmente abbandonate solo nel 1988!) presentata dal
direttore della Biblioteca militare federale Jürg Stüssi-Lauterburg il 25.4.1996 -> Swiss Nuclear Program.
Lo Stato maggiore generale prevedeva per cominciare l'acquisto di
cinquanta bombe di potenza compresa tra i 60 e i 100 chilotoni. Ma lo
"scandalo dei Mirage" scoppiato nel 1964
inferisce un duro colpo alle velleità di potenza atomica, peraltro
avallate dal popolo svizzero, che nel 1962 e nel 1963 aveva nettamente
respinto due iniziative della sinistra che propugnavano il bando alle
armi atomiche. Nell'ottobre 1964, il capo dello stato maggiore generale, comandante di corpo Jakob Annasohn,
constata con rassegnazione che il progetto di armamento atomico
svizzero è ormai morto e sepolto. Sulla Svizzera e l'arma atomica v.
anche Dizionario storico della Svizzera.
Nef - Roland Nef (-> Google), nominato capo dell'esercito l'8 giugno 2007 (per il 1.1.2008) a soli 48 anni (era brigadiere e ha così saltato il grado di divisionario), finisce nella bufera il 13 luglio 2008, quando la "SonntagsZeitung" rivela l'esistenza di una inchiesta penale nei suoi confronti. La sua ex compagna lo aveva denunciato il 27.9.2006 per coazione, molestie sessuali e pornografia: Nef l'avrebbe molestata per oltre 18 mesi nel 2005-2006 con telefonate e sms - stalking - e messo a suo nome annunci erotici su internet. La procuratrice zurighese Judith Vogel ha però archiviato il procedimento il 23 ottobre 2007, dopo una "dichiarazione di disinteresse" (-> Art. 55a CP, il reato era ormai perseguibile d'ufficio, querela o no) della vittima, che avrebbe ricevuto da Nef un risarcimento (di circa 50'000 franchi secondo il domenicale Sonntag del 7.2.2010): una decisione criticata da insigni giuristi. Secondo il domenicale zurighese il ministro della difesa Samuel Schmid sarebbe stato al corrente del procedimento ma non ha avvertito il Consiglio federale. Nef propone a Schmid di porre fine al rapporto di lavoro di comune accordo. Le dimissioni per fine anno vengono accolte il 20 agosto 2008 dal Consiglio federale (con una indennità di partenza di 275'000 franchi, più circa 150'000 franchi = sei mesi di salario). L'UDC, minacciando di sabotare le spese militari, chiede la testa di Schmid. Questi finisce per ammettere di aver saputo già il 14 novembre 2006 le ragioni della denuncia contro Nef, dopo aver prima sostenuto che era stato messo al corrente della querela nella primavera 2007 e del suo contenuto il dicembre successivo, a nomina avvenuta. Il 12 novembre 2008 Schmid annuncia le dimissioni per il 31 dicembre. Più info: Biografia, Swissinfo, de.wikipedia, fr.wikipedia, Commissione della gestione del CN: Circostanze della nomina di Roland Nef a capo dell'esercito (28.11.2008, form PDF). Il 22.10.2010 la Welwoche ha pubblicato la disposizione di archiviazione della procuratrice Vogel, dopo una sentenza del Tribunale federale del 6.10 (notizia il 21) che autorizzava il settimanale a prenderne visione -> Einstellungsverfuegung.pdf 155 K = Nef-Archiviazione.pdf 155 k Visualizza Scarica
Nyffenegger - Il 24 gennaio 1996, dopo alcuni mesi di indagini, viene arrestato il colonnello a riposo Friedrich Nyffenegger (* 6.11.1936), che nel 1989 aveva coordinato le commemorazioni per il 50esimo della Mobilitazione generale del 1939 ("Operazione Diamante"). Quello che all'inizio sembra essere una semplice seppur clamorosa (per lo stile accusatorio della procuratrice federale Carla Del Ponte)
vicenda di corruzione e appropriazione indebita si rivela essere presto
un caso, potenzialmente grave, di violazione di segreti militari. Nel 1993, Nyffenegger aveva ricevuto l'incarico, nell'ambito del progetto di riforma "Esercito 95", di
far trasporre su due CD-Rom il contenuto di tre raccoglitori dello
Stato maggiore generale (SMG): un "promemoria elettronico" contenente
informazioni "confidenziali" (CD-Rom "nero") e "segrete" (CD-Rom
"rosso") sull'organizzazione dell'esercito. L'incuria dimostrata da
Nyffenegger nella produzione (affidata a una ditta privata) e
distribuzione avrebbe potuto causare la caduta in mani improprie di
informazioni sensibili. Una caduta peraltro non esclusa: non si è potuto
stabilire dove siano finiti alcuni dei dischetti in circolazione. La
vicenda costa il posto al capo dello SMG dell'esercito, Arthur Liener, che dà le dimissioni il 30 ottobre 1996. In tribunale il caso però si sgonfia: il 29 ottobre 1999
la Corte penale federale di Losanna condanna Nyffenegger in ultima
istanza a sei mesi con la condizionale per appropriazione indebita,
truffa e di falsità in documenti in relazione a "Diamante". La somma
totale del reato riconosciuta è inferiore ai 45mila franchi, mentre
l'atto di accusa firmato da Carla Del Ponte dopo anni di indagini
parlava un milione di franchi. Il processo militare per
violazione di segreti militari si sgonfia ancora di più: la condanna
finale del Tribunale militare d'appello 2A per Nyffenegger, il 5 luglio 2000, è di 4 mesi di detenzione con la condizionale (15 in prima istanza nel dicembre 1998). Più info: 20 Minuten, Commissioni della gestione CN/CSt [PDF] Eventi in seno al DMF (EBG 95), 13.11.1996. Nyffenegger, colto da malore durante una passeggiata a Brissago dove passava le vacanze, muore nel finesettimana 27-28 agosto 2011 all'ospedale di Locarno, all'età di 74 anni ( -> ats; de.wikipedia).
Pilatus - Il caso Pilatus è un tormentone ripresentatosi a più riprese negli ultimi decenni dopo puntuali rivelazioni di stampa sull'impiego del piccolo aereo da addestramento PC-7 o PC-9, costruito dall'omonima impresa di Stans (NW), come aereo da combattimento in qualche paese del Terzo Mondo, preferibilmente una dittatura o impegnato in azioni antiguerriglia. E da decenni ormai sinistra e organizzazioni umanitarie tentano inutilmente di indurre il parlamento a includere questo "bombardiere dei poveri" nella legge sul materiale bellico. Alla fine degli anni Sessanta la stampa svizzera rivela che nel 1962 la CIA ha impiegato aerei da trasporto PC-6 Porter in operazioni segrete in Laos durante la guerra del Vietnam. Nel dicembre 1983, per giustificare una fornitura di PC-7 all'Iran, il ministro della difesa Georges-André Chevallaz compara questi aerei a scarponi e biciclette: bisogna vietarli con il pretesto che potrebbero servire a soldati? Nel 1992 desta un certo scalpore la rivelazione di stampa secondo cui il regime iracheno di Saddam_Hussein si sarebbe servito nel 1988 PC-7 e PC-9 per bombardare la popolazione nel Kurdistan iracheno. La ditta di Stans riconosce soltanto di aver fornito all'Iraq velivoli d'addestramento nel 1982. Nel 1993 il giornalista Mario Poletti pubblica un libretto - "Der Pilatus-Schwindel", "L'impostura Pilatus" - in cui documenta come Berna abbia chiuso gli occhi sull'uso militare degli aerei in Guatemala, Birmania, Iraq e Angola. Nel marzo 1993, il Consiglio federale esige una modifica del velivolo per evitarne l'armamento prima di autorizzare in giugno l'esportazione in Sudafrica di 60 PC-7. In precedenza il Comitato delle sanzioni dell'ONU aveva chiesto a Berna d'impedire la transazione con il Sudafrica dell'apartheid, colpito da un embargo sulla fornitura d'armi. Pur consapevole che sono in gioco centinaia di posti di lavoro nella Svizzera centrale, il ministro della difesa Kaspar Villiger è ora del parere che non ci si possa accontentare di paragonare il Pilatus a una bicicletta sulla quale, per esempio, si monti un tubo lanciarazzi trasformandola in "materiale bellico". Nel gennaio 1995, il governo vieta la vendita di 48 PC-9 in versione originale all'esercito messicano, accusato di aver utilizzato il vilivolo nel 1992 per bombardare i guerriglieri zapatisti del Chiapas. Tra il 1979 e il 1992, la Pilatus ha fornito al Messico 88 PC-7. Dal 1 gennaio 1997 gli aerei Pilatus sono sottoposti alla legge sul controllo dei beni a duplice impiego, civile e militare. La loro esportazione può essere vietata soltanto quando i Paesi destinatari sono colpiti da embarghi dell'Unione europea o delle Nazioni Unite. Nel luglio 2006 Berna autorizza l'esportazione di un PC-9 in Ciad, che arma l'aereo e lo utilizza nel Darfur (Sudan). Più info: Swissinfo.
Polanski - Roman Polanski è arrestato il 26 settembre 2009 all'aeroporto di Zurigo, in esecuzione di un mandato di cattura spiccato dalla Procura di Los Angeles (-> Cronologia) per "rapporti sessuali illeciti con un minorenne": aveva abusato della 13enne Samantha Gailey (oggi Geimer) nel 1977. Il giorno dopo il 76enne regista franco-polacco avrebbe dovuto ricevere un premio alla carriera nell'ambito del Festival del film di Zurigo, con laudatio prevista del capo dell'Ufficio federale della cultura Jean-Fréderic Jauslin,
all'oscuro di tutto. Il mondo della cultura e la stampa internazionale
gridano allo scandalo, Francia e Polonia fanno le rimostranze a Berna.
Il paese è diviso. Per una Svizzera alla disperata ricerca di nuovi
amici nel mondo - siamo nel pieno delle vicende Gheddafi, UBS-USA e
segreto bancario (v.) - l'arresto in vista dell'estradizione non è stato
la mossa più azzeccata e sa tanto di una nuova genuflessione davanti
agli Stati Uniti, sostengono i critici. È un pedofilo e non merita
privilegi, risponde una maggioranza di chi ha risposto ai
minisondaggi dei giornali. La ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf, informata il 25,
dice che la Svizzera ha semplicemente rispettato le norme giuridiche.
Sostiene poi che non era stato possibile arrestare Polanski in
precedenza perché le altre volte che era venuto in Svizzera non si era
saputo in tempo. Ma subito dopo si apprende che Polanski aveva uno
chalet a Gstaad dove soggiornava spesso. Il 19 ottobre
il Tribunale penale federale respinge (TPF) il ricorso di Polanski
contro l'arresto in vista dell'estradizione, giudicando troppo alto il
pericolo di fuga (sentenza pubblicata il 20). Il 21 ottobre l'agenzia AP rivela che è stato l'Ufficio federale di giustizia (UFG) ad avvertire gli USA del prossimo arrivo di Polanski. L'UFG conferma di aver chiesto a Washington (OIA) con un fax il 21 settembre se fosse ancora valida la Red Notice dell'Interpol in circolazione da anni, al che la procura di Los Angeles ha rinnovato il suo mandato d'arresto. Il 22 ottobre Berna riceve la richiesta USA di estradizione. Il 24 novembre (notizia il 25) il TPF concede gli arresti domiciliari contro una cauzione di 4,5 milioni di franchi. Il 4 dicembre 2009 Polanski è trasferito a Gstaad. Il 12 luglio 2010 Berna annuncia il rifiuto della richiesta di estradizione: Polanski è libero -> comunicato DFGP. Più info: R. Polanski - en.wikipedia, Polanski sexual abuse case - en.wikipedia, Google News.
Rey (Werner K.) - Werner Kurt Rey,
nato a Zurigo nel 1944, è ritenuto un genio della finanza elvetica
negli anni Ottanta. Ma all'inizio degli anni Novanta l'impero crolla: la
sua Omni Holding fallisce lasciando uno scoperto di due miliardi di
franchi, cui si aggiungono gli 1,4 miliardi "inghiottiti" dal fallimento
personale di Rey. Il finanziere si rende irreperibile. Nell'agosto 1992 un reporter del Blick" lo scopre alle Bahamas, dove è arrestato nel 1996. Il 2 giugno 1998 Rey è infine estradato in Svizzera e l'8 luglio 1999
è condannato dal Tribunale economico bernese a quattro anni di prigione
per tentata truffa, ripetuta falsità in documenti e ripetuta bancarotta
fraudolenta. Nel giugno 2000 è
liberato, essendogli stati dedotti 1545 giorni di carcere preventivo.
Rey lascia la Svizzera per stabilirsi in Gran Bretagna. Nell'aprile 2002, dando seguito a una sentenza del Tribunale federale, la Corte di cassazione del canton Berna aumenta la pena di tre mesi.
Schedature - Scandalo che ha occupato l'opinione pubblica elvetica per buona parte degli anni Novanta. Scoppia il 24 novembre 1989, quando la commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) sul caso Kopp rivela che negli uffici della Polizia federale (v.) sono state scoperte circa 900'000 schede di persone e organizzazioni, svizzere e straniere (quelle svizzere quasi tutte di sinistra) redatte dalla polizia politica e dal controspionaggio (-> Rapporto [PDF] 89.006 Evénements survenus au DFJP). Oltre 320'000 persone (4410 dal Ticino) chiedono in seguito a Berna se figurano tra gli schedati e l'eventuale diritto di consultazione; circa 40'000 ottengono risposta affermativa (TI: 804). I servizi del neonominato "Mister schede" Walter Gut inviano loro 300'000 pagine di schede con 2 milioni di annotazioni, in parte oscurate (rapporto 17.12.1991). Le schede trovate risultano essere 820'000, con rimandi a 17'750 fascicoli (1,3 km se allineati!), riguardanti 142'000 svizzeri (1 mln di pagine, 7 mln di annotazioni), 586'000 stranieri (solo in parte residenti in Svizzera, dai quali solo 300 richieste di consultazione!) e 26'000 organizzazioni (il resto sono eventi ecc.). Dall'esame dei documenti inviati ai richiedenti e pubblicati dalla stampa emerge la realtà di una polizia politica svizzera che utilizzava metodi non troppo dissimili da quelli della famigerata Stasi della Germania orientale, con in più una buona dose di dilettantismo. Un istruttivo sunto si trova nel rapporto "La protezione politica dello Stato in Svizzera (1935-1990)" (Berna, Haupt, 663 pp.) pubblicato l''11 giugno 1993 da gruppo di esperti diretto dallo storico Georg Kreis. Nel frattempo lo scandalo si è esteso anche ai servizi segreti militari, con una nuova CPI (CPI2) e la scoperta di una struttura analoga a Gladio in Italia: v. Esercito segreto. Lo scandalo scuote notevolmente l'opinione pubblica. L'iniziativa popolare "SOS contro la polizia ficcanaso", per lo smantellamento della polizia politica, è però bocciata con il 75,1% dei voti il 7 giugno 1998, ad indignazione ormai esaurita. Anche per le misure prese o promesse dalle autorità, con una nuova legge sulla protezione dei dati e una ristrutturazione organizzativa. Gli schedari della Polizia federali sono stati sostituiti nel giugno 1994 dalla banca dati elettronica ISIS, con la garanzia di "un severo controllo a vari stadi". Controllo che non ha però funzionato, come dimostra il rapporto pubblicato il 30 giugno 2010 dalla Delegazione delle commissioni parlamentari della Gestione -> PDF Rapport DélCdG: Traitement des données dans le système d’information relatif à la protection de l’Etat (ISIS). Più info: Wikipedia (con imprecisioni). Vedi inoltre la mia pagina SCHEDATURE IN TICINO più i resoconti dei RAPPORTI KREIS E BACHER SULLE SCHEDATURE. Per approfondire: pagina Archivio federale; PDF Bibliografia. Schede e dossier raccolti dal Comitato contro lo Stato ficcanaso sono depositati a Zurigo nel Sozialarchiv (Archiv Schnüffelstaat Schweiz).
Documentazione:
Segreto bancario sotto pressione - Il segreto bancario, ancorato dal 1934
nella legislazione elvetica sulle banche, viene a trovarsi a più
riprese sotto pressione internazionale. Negli anni Ottanta e Novanta la
Svizzera è bombardata da critiche per il riciclaggio di denaro
proveniente in particolare dal traffico di droga ("Pizza connection") e per i fondi di ex dittatori (Marcos, Mobutu, Abacha, Taylor, Duvalier). Nel 1998 adotta la legge sul riciclaggio di denaro.
Tra il 1996 e il 1999, in seguito alle pressione internazionali per la
vicenda dei fondi ebraici in giacenza (v.), le banche elvetiche devono
aprire le porte alla commissione Volcker
e pubblicare liste di titolari di conti. La Svizzera riesce comunque a
tener duro e non cede alle pressioni dell'Unione europea durante i
negoziati bilaterali. La crisi economica del 2008/2009 e la necessità
per i singoli Stati di reperire denaro induce USA e UE a rafforzare la
lotta contro i "paradisi fiscali". Particolarmente aggressivo il
ministro delle finanze tedesco Peer Steinbrück,
che parla di "cavalleria" per far paura agli "indiani" elvetici. A
indebolire la posizione svizzera contribuisce parecchio l'UBS, con le
sue vicissitudini americane (v. sotto UBS-USA). Il 13 marzo 2009
Lussemburgo e Austria decidono di allentare le redini del loro segreto
bancario e subito dopo anche Berna annuncia che si adegua alle norme
dell'OCSE relative all'assistenza in materia fiscale (-> [PDF] Modello di convenzione fiscale dell'OCSE (in francese).
Spera così di non comparire sulla "lista nera" dei paradisi fiscali in
via di allestimento. Il Consiglio federale abolisce di fatto, nei
confronti dell'estero, la distinzione, tutta svizzera, tra frode fiscale
(un reato penale, e in quanto tale non coperto dal segreto bancario) e
sottrazione (evasione) fiscale (passibile solo di sanzioni
amministrative), ammettendo la revoca del segreto bancario anche per
quest'ultima in caso di sospetti precisi e fondati. Il 2 aprile il G20 riunito a Londra decide di inserire la Svizzera nella "lista grigia", subito pubblicata dall'OCSE e
comprendente i paesi che intendono rispettare gli standard
dell'organizzazione con sede a Parigi, ma che non li hanno ancora messi
in atto (-> pagina web -> Exchange of tax information[PDF).
Per poterne uscire ed entrare nella "lista bianca" dei paesi
cooperativi bisogna aver firmato almeno 12 convenzioni di doppia
imposizioni che rispettino i criteri OCSE
per l'assistenza amministrativa (tra amministrazioni fiscali) anche in
caso di semplice evasione fiscale. Un traguardo raggiunto dalla Svizzera
il 25 settembre (-> comunicato ). Ma la via della ratifica è ancora lunga. V. anche alla voce Evasione fiscale, frode fiscale alla pagina FISCO - Mini glossario di termini fiscali svizzeri.
Servizi segreti - Nel loro piccolo, anche i servizi segreti elvetici ne hanno fatte di tutti i colori. Quello civile, costituito dalla Polizia federale nota anche con la sigla tedesca Bupo (Bundespolizei, controspionaggio e polizia politica), è stato travolto e ridicolizzato dallo scandalo delle schedature scoppiato nel novembre 1989. Quello militare, ossia il Gruppo informazioni e sicurezza (GIS, ted. UNA), è stato dapprima scosso dal caso Jeanmaire scoppiato nel 1976, poi messo a soqquadro dallo scandalo Bachmann-Schilling esploso nel 1979. Nel 1990, lo scandalo delle schedature si è esteso anche al GIS, ma non si è fermato alla registrazione di militari giudicati troppo di sinistra, con la scoperta delle organizzazioni segrete P26 (-> Esercito segreto) e P27 e di altri altarini. Alla fine degli anni '90 sono poi esplosi quasi contemporaneamente il caso Bellasi e il caso Sudafrica, con gravi ripercussioni per i vertici del servizio, che è stato ulteriormente ristrutturato. Anche il nuovo Servizio delle attività informative della confederazione (SIC), attivo dal 1.1.2010, si è presto distinto, con lo scandalo del furto di dati informatici emerso a fine settembre 2012. Più info alla pagina SERVIZI SEGRETI - NOMI E SIGLE.
Sudafrica -
Alla fine degli anni Novanta il servizio segreto militare elvetico
Gruppo servizio informazioni (GSI o GRinfo) si trova una volta ancora
nell'occhio del ciclone mediatico, oltre che per il caso Bellasi, per i poco chiari rapporti intrattenuti con il Sudafrica dell''apartheid. All'origine della vicenda, sulla quale il Ministero pubblico della Confederazione apre un'inchiesta penale nel luglio 1999, sono le dichiarazioni del dottor Wouter Basson,
ex responsabile del programma d'armamento chimico-biologico sudafricano
"Coast". Il "Dottor Morte" aveva sostenuto di aver approfittato della
logistica elvetica per concludere nel 1992 l'acquisto in Russia di una
mezza tonnellata di Mandrax,
una potente droga che si voleva impiegare in Sudafrica per tenere sotto
controllo i manifestanti di colore. In un processo a suo carico in
Sudafrica, Basson aveva anche detto d'aver beneficiato dell'appoggio del
capo dell'intelligence militare elvetico, il divisionario Peter Regli.
Successivamente accusato anche di aver soppresso documenti scottanti al
riguardo, Regli - mandato in pensione anticipata a fine 2000 - sarà
scagionato e riabilitato nel 2006/2007, per lo meno penalmente. In un
rapporto pubblicato il 26 agosto 2003,
la Delegazione delle commissioni della gestione (DCG), organo di
controllo parlamentare dei servizi segreti, rimprovera tuttavia al
divisionario un atteggiamento poco critico e a volte perfino benevolo
verso il regime dell'apartheid, come pure di aver sviluppato con
Pretoria una sorta di diplomazia segreta parallela: dal 1977 al 2001,
tra Berna e Pretoria ci sono stati oltre 100 incontri e scambi
d'informazioni, quasi la metà dei quali nel periodo dell'apartheid. I
servizi segreti hanno avuto contatti anche con i ribelli angolani
dell'UNITA. -> [PDF] Rapporto DCG sui contatti con i servizi segreti sudafricani (18.8.2003). Documentazione: VIDEO TSR 29.04.1999.
Swissair - Il 2 ottobre 2001 l'intera Svizzera è sotto choc. Gli aerei della Swissair, orgoglio della Nazione, rimangono a terra ("grounding") per due giorni. La società, che nel 2000 ha subito una perdita di 2,9 miliardi di franchi, peggior risultato della sua storia, non ha più liquidità sufficienti per pagare il carburante. Il disastro, accelerato dagli attentati dell'11 settembre negli USA, viene imputato a una strategia d'espansione costosa (17 miliardi di debiti) condotta dalla compagnia a partire dal 1997 e già delineatasi nel 1995, con l'acquisto del 49,5% della belga Sabena, al fine di garantirsi l'accesso al mercato interno dell'UE. I velivoli riprendono a volare grazie a un credito di emergenza di 450 milioni di franchi. Il 5 ottobre 2001 SairGroup (holding), SairLines (attività aeree) e Flightlease (noleggio aerei) ottengono una moratoria concordataria. L'avvocato Karl Wüthrich è incaricato di liquidare il gruppo. Il 17 novembre 2001 le Camere federali accordano un credito di 2,1 miliardi di franchi per il proseguimento dei voli fino a marzo 2002 e la costituzione di una nuova Crossair (filiale di Swissair). Il 31 marzo 2002 Swissair cessa le attività, rimpiazzata dalla nuova compagnia Swiss. Il 22 marzo 2005, dopo una forte cura dimagrante della sua flotta, Swiss, in deficit, viene rilevata dalla tedesca Lufthansa a un prezzo discount: da 70 a 460 milioni di franchi a seconda del successo che avrà la compagnia elvetica. Contro gli ex responsabili del gruppo aereo vengono promesse azioni civili con richieste di danni per circa 600 milioni di franchi. Tra il 16 gennaio e il 9 marzo 2007 si svolge anche il processo penale. I 19 imputati, tra cui 17 dirigenti di Swissair - in primo luogo Mario Corti, presidente della direzione e del CdA dal 16 marzo 2001, e il suo predecessore Philippe Bruggisser - sono accusati di amministrazione infedele, cattiva gestione, falsità in documenti e false indicazioni di attività commerciali. Il pm chiede pene detentive tra i 6 e i 28 mesi e pene pecuniarie da 38'000 franchi a oltre un milione. Ma il 7 giugno il Tribunale distrettuale di Bülach (ZH) assolve tutti e riconosce agli imputati risarcimenti per oltre 3 milioni di franchi. La corte è giunta alla conclusione che la maggior parte delle azioni degli accusati erano "economicamente sostenibili" e che tutto sommato sono stati "tentativi infruttuosi di risanare" la compagnia aerea. La sentenza è confermata in appello il 20 giugno 2008.
Tesori dei dittatori - Diversi dittatori e dirigenti stranieri hanno utilizzato la piazza finanziaria svizzera per mettere al sicuro i loro patrimoni, frutto di corruzione o saccheggio dei fondi pubblici. La maggior parte di questi fondi sono stati restituiti ai paesi d'origine dopo lunghe battaglie giudiziarie. Il defunto dittatore filippino Ferdinand Marcos avrebbe trafugato all'estero miliardi di dollari tra l'ascesa al potere nel 1965 e l'estromissione nel febbraio 1986. La Svizzera ha restituito 683 milioni di dollari nel 1998 alle autorità di Manila. Il patrimonio svizzero di Mobutu Sese Seku, presidente dello Zaire per 32 anni, ha dato adito a molte speculazioni: secondo alcuni ammontava a pochi milioni, secondo altri raggiungeva i quattro miliardi di franchi. Le autorità elvetiche hanno trovato e bloccato 7,7 milioni, restituiti nel 2009 agli eredi perché la nuova Repubblica democratica del Congo non è stata in grado di condurre in porto un procedimento giudiziario che rispettasse le regole dello stato di diritto. Degli oltre 2 miliardi di dollari che il dittatore Sani Abacha, al potere dal 1993 al 1998, e la sua famiglia avrebbero nascosto all'estero, circa 700 milioni sono stati bloccati in Svizzera. I soldi sono stati infine restituiti alle autorità nigeriane per essere assegnati a progetti di sviluppo. Circa 4,6 milioni di dollari sono bloccati in Svizzera dopo la fuga in Francia nel 1986 del dittatore haitiano Jean-Claude Duvalier ("Baby Doc"). Ma a causa dell'instabilità di Haiti nessun procedimento ordinario è stato aperto contro di lui, ragione per cui il denaro è rimasto bloccato. Il 12 gennaio 2010, alla vigilia del violento terremoto che ha devastato il paese, il Tribunale federale ha ritenuto che non può essere restituito al paese caribico, poiché i reati contestati a Duvalier sono ormai andati in prescrizione. Il Consiglio federale ha reagito bloccando di nuovo gli averi dell'ex dittatore e ha proposto il 24.2.2010 una legge, con effetto retroattivo, per consentire la restituzione alle autorità haitiane. Anche Vladimiro Montesinos, capo dei servizi segreti peruviani durante la presidenza di Alberto Fujimori tra il 1990 e il 2000, condannato nel 2006 a 20 anni di carcere per corruzione e traffico d'armi, aveva scelto la Svizzera per nascondere una parte dei soldi indebitamente incassati. Berna ha congelato oltre 100 milioni di dollari. Nell'agosto 2002 sono stati consegnati alle autorità di Lima 77,2 milioni. Altri 11,5 milioni sono seguiti nel 2006.
Texon-Credito svizzero - È stato definito "lo scandalo bancario del secolo". Nell'aprile 1977
si apprende che il Credito Svizzero (CS, oggi Credit Suisse) avrebbe subito una perdita di
250 milioni di franchi a causa di operazioni non autorizzate nella
filiale di Chiasso, che in pochi anni di attività era divenuta la
filiale modello per redditività. Il 24 aprile 1977 il direttore della filiale Ernst Kuhrmeier e due suoi vice sono arrestati con l'accusa di amministrazione infedele. Dalle indagini emerge che Kuhrmeier e il suo vice Claudio Laffranchi
avevano riciclato sin dagli anni '60, offrendo la garanzia del CS ma
all'insaputa (?) della direzione di Zurigo, capitali italiani in fuga,
spesso di dubbia origine. Lo avevano fatto tramite una finanziaria
costituita a Vaduz (FL), la Texon, la quale reinvestiva i fondi in
partecipazioni a società italiane. La Texon era diventata una vera
"banca nella banca", ma dal 1973, a causa della crisi petroliera, del
ribasso della lira e della recessione, le società italiane in questione finiscono in rosso, i conti non tornano più e si
crea una vera e propria voragine, che i responsabili - con impegni
finanziari verso un migliaio di investitori per oltre 2 miliardi di frs
- non riescono più a colmare. Il CS si trova a dover coprire con le
riserve un buco di 1,2 miliardi (la BNS e le altre 2 grandi banche UBS
e SBS offrono un credito di 3 miliardi, che il CS con fierezza
rifiuta). Lo scandalo, alimentato dalla stampa svizzera e italiana e
con risonanza fino in Australia (-> "The Age" 9.5.77), coinvolge tutto il mondo bancario e la politica elvetici ed è all'origine - ancora nel 1977 - della "Convenzione di diligenza", con cui le banche stabiliscono regole minime da seguire per l'accertamento dell'identità della clientela e dell'origine dei fondi. Il 3 luglio 1979, Kuhrmeier e Laffranchi sono condannati a 4 anni e mezzo di reclusione, i tre avvocati amministratori della Texon (Elbio Gada, Alfredo Noseda e Alessandro Villa) a 16 mesi con la condizionale e 200'000 frs di multa (-> Reuters). Nel processo il CS è parte civile, ossia vittima. Il procuratore Paolo Bernasconi
non rileva alcuna responsabilità penale per la direzione di Zurigo, che
pure critica per la sua negligenza. Kuhrmeier muore una settimana dopo
in prigione. Il CS chiude definitivamente la "pagina più nera" della sua storia (ipse dixit) solo nel settembre 1988,
con la vendita di quel che resta del gruppo turistico italiano
Albarella, ultimo tassello ancora in suo possesso del mosaico Texon.
Tinner - Una vicenda, senza precedenti in Svizzera, di ingerenza del potere esecutivo nelle competenze del potere giudiziario. Il "caso Tinner" sale alla ribalta della cronaca a nella primavera 2008 dopo che il Consiglio federale, per motivi di sicurezza, ha deciso (il 14.11.2007) la distruzione dei documenti relativi alla fabbricazione di bombe atomiche contenuti nel fascicolo d'inchiesta aperto nel 2004 dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) contro tre ingegneri sangallesi, i fratelli Urs (*1965) e Marco Tinner (*1968) e il padre Friedrich (*1937), sospettati di aver collaborato tra il 1998 (anno dell'entrata in vigore della legge federale sul materiale bellico) e il 2003 con il padre della bomba atomica pachistana Abdul Qadeer Khan e di essere implicati in un traffico verso la Libia di elementi destinati alla fabbricazione di centrifughe a gas per ottenere uranio arricchito. Il 1 aprile 2009, colpo di scena: copie dei documenti distrutti vengono scoperte negli archivi dell'MPC. Il 24 giugno 2009 il Consiglio federale ribadisce che i documenti "scottanti" sulla bomba vanno distrutti e il 1 luglio respinge la richiesta della delegazione delle commissioni parlamentari della Gestione di tornare sulla sua decisione. Il 9 luglio 2009, nuovo colpo di scena: l'Ufficio dei giudici istruttori federali fa perquisire i locali della polizia giudiziaria federale e sequestra una cassaforte contenente la chiave che dà accesso ai controversi documenti, i quali restano sigillati. Il governo rimane fermo sulla sua decisione e invoca i poteri speciali di decisione motivati dalla ragion di Stato ("diritto di necessità"-> POLITICA) e conferitigli dalla Costituzione per la salvaguardia della sicurezza della Svizzera. Della faccenda si occupa anche il Tribunale penale federale (TPF), da una cui sentenza (agosto 2009) si evince che i documenti che il governo vuole sopprimere non riguardano solo la bomba ma anche i rapporti tra i Tinner e la CIA americana. Il 2 settembre 2008 l'avvocato di Urs Tinner aveva confermato che la CIA ha pagato ai Tinner un milione di dollari per la loro collaborazione (che sarebbe cominciata nel giugno 2003); il 24.8 il New York Times aveva parlato di 10 milioni (NYT, Swissinfo). Il 21 dicembre 2010 l'Institute for Science and International Security (ISIS) di Washington, specializzato in problemi di proliferazione nucleare, pubblica due rapporti in cui critica severamente Svizzera, USA e CIA per il loro agire nella vicenda (PDF: The Tinner Case: Time for a Frank, Open Evaluation -- CIA Recruitment of the Three Tinners: A Preliminary Assessment). Il 23 dicembre 2010 il giudice istruttore federale Andreas Müller pubblica il suo rapporto d'inchiesta, chiede alla Procura federale l'incriminazione dei Tinner per violazione della legge sul materiale bellico e critica l'ingerenza del Consiglio federale, che ha fatto sopprimere il 98% dei mezzi di prova. Il 13 dicembre 2011 la Procura federale riferisce di aver trasmesso l'atto d'accusa al TPF di Bellinzona: sulla base del rito abbreviato previsto dal nuovo codice di procedura penale ha trovato un accordo con i Tinner in merito alle accuse e alla pena: 50 mesi a Urs, 41 a Marco (giusto quanto hanno già trascorso in detenzione preventiva), 20 con la condizionale a Friedrich. Il processo, previsto il 30.5.2012, si tiene infine il 24-25.9.2012. Il TPF conferma le pene patteggiate, ma tiene ad esprimere numerose riserve, ritenendo che i Tinner, specialmente il padre, avrebbero meritato pene maggiori. Più info: it. Tio.ch; Swissinfo; ted. Tages-Anzeiger; 20 Minuten. Documentazione caso Tinner 2009 sul sito del Parlamento (comunicati, rapporti, stampa); documenti Admin.ch.
UBS - Il 2007 era iniziato all'insegna dell'euforia per UBS, la maggiore banca svizzera, numero uno mondiale nella gestione patrimoniale. La crisi dei crediti ipotecari americani ad alto rischio (subprime -> crisi dei subprime) cambia però ben presto radicalmente la situazione e l'immagine dell'istituto peggiora sempre più in Svizzera e all'estero. Il 6 luglio 2007 giungono le dimissioni di Peter Wuffli, presidente della direzione della banca (CEO), sostituito con effetto immediato da Marcel Rohner. Ma le cose continuano a peggiorare: le rettifiche di valore (adeguamenti del valore delle voci attive di bilancio alle reali proporzioni -> Lessico UBS) si succedono e UBS chiude il 2007 con una perdita netta di 4,4 miliardi di franchi. Il 23 aprile 2008 se ne va anche il presidente del consiglio d'amministrazione Marcel Ospel, diventato ormai un paria fra i suoi connazionali che lo avevano riverito come manager brillante. Lo sostituisce Peter Kurer. La crisi è gravissima, tanto più che nel frattempo sono cominciati i guai con il fisco americano (v. sotto: UBS-USA). Il 16 ottobre 2008, uscendo dal loro mutismo, la Confederazione e la Banca nazionale svizzera (BNS) lanciano un piano massiccio di sostegno: lo Stato inietta 6 miliardi di franchi in UBS sotto forma di un prestito obbigatoriamente convertibile in azioni; la BNS mette a disposizione fino a 54 miliardi di dollari in una costituenda "società veicolo" da essa interamente controllata, chiamata StabFund, in cui UBS potrà trasferire fino a 60 miliardi di "titoli tossici" (o "attivi illiquidi") al momento invendibili, in attesa che la situazione eventualmente migliori***. Un gran bel colpo per i fautori del meno stato, ma UBS è "too big to fail": un fallimento sarebbe un disastro per l'intero paese. L'aiuto miliardario a UBS, a fronte delle briciole per il resto dell'economia in difficoltà e dei bonus multimilionari ai supermanager che hanno fallito, non manca di suscitare grande malumore in Svizzera: per i critici è l'esempio più lampante del principio liberista "privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite". Il 2008 chiude comunque per UBS con una perdita record di 20,9 miliardi e 2000 soppressioni d'impieghi. Il 15 aprile 2009 la banca annuncia una perdita trimestrale di 2 miliardi e la soppressione di altri 8700 impieghi entro il 2010, di cui 2500 in Svizzera. Lo stesso giorno l'assemblea degli azionisti elegge l'ex consigliere federale Kaspar Villiger presidente del CdA, mentre nuovo CEO è da fine febbraio il tedesco Oswald Grübel. In preda a una persistente emorragia di capitali, UBS chiude il primo semestre con una perdita netta di 3,38 miliardi di franchi, mentre il Credit suisse guadagna 3,58 milioni. Solo nel quarto trimestre si delinea una ripresa (1,205 miliardi di utile), ma il 2009 chiude con una perdita di 2,74 miliardi e un deflusso di capitali di 147,3 miliardi (8,5 a causa dello scudo fiscale italiano, che ha interessato in tutto 22,8 miliardi all'UBS). Nel 2010, dopo tre anni chiusi in rosso, UBS torna nelle cifre nere con un utile di 7,2 miliardi.
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Nota: le azioni sono vendute nell'agosto 2009, con un guadagno netto di
1,2 miliardi di frs per la Confederazione; il 10.2.2009 UBS indica di
aver trasferito "solo" 38,7 mld $ di attivi illiquidi, a inizio ottobre
2009 sono ancora 25,5 mld. A fine anno i rischi complessivi si sono
ridotti a 24,1 miliardi.
UBS-USA - Dieci anni dopo l'accordo globale sui fondi ebraici (12.8.1998) UBS è di nuovo sotto tiro negli Stati Uniti, stavolta da parte del fisco. A fine aprile 2008 Martin Liechti,
topmanager responsabile della gestione patrimoniale della banca negli
USA, è brevemente arrestato a Miami (Florida) durante un viaggio
d'affari: non potrà lasciare gli USA fino ad agosto. Il Dipartimento
della giustizia e l'autorità di vigilanza della Borsa americana (SEC)
stanno indagando per accertare se, tra il 2000 e il 2007, alcuni
consulenti di UBS abbiano istigato cittadini statunitensi ad evadere il
fisco. Stando alle autorità americane, UBS avrebbe aiutato i clienti a
nascondere i propri capitali per non perdere un patrimonio valutato a 20
miliardi di dollari, che alla banca elvetica frutterebbe circa 200
milioni di dollari all'anno. Il 19 giugno Bradley Birkenfeld,
ex dipendente di UBS, ammette davanti a un tribunale della Florida di
aver aiutato un promotore immobiliare a nascondere al fisco 200 milioni
di franchi trasferendoli in Svizzera e Liechtenstein. Il 12 novembre 2008 Raoul Weil, presidente e amministratore delegato del Global Wealth Management & Business Banking dell'UBS, è incriminato dal Dipartimento di Giustizia
americano, che lo accusa di aver aiutato numerosi clienti ad evadere il
fisco. Fra il 2002 e il 2007 egli supervisionava il dipartimento estero
di UBS, che contava anche 20'000 facoltosi clienti americani. Il 18 febbraio 2009
UBS accetta di pagare una multa di 780 milioni di dollari in cambio
dell'abbandono del procedimento penale USA per la sua gestione di conti
offshore. Ancora il 18 febbraio 2009, su richiesta della FINMA (l'autorità elvetica di vigilanza dei mercati finanziari), la banca consegna i nomi di 250-300 clienti (285 secondo info successive di stampa, 255 conti secondo fonti UBS citate nel Rapporto CdG 31.5.2010, p. 260, cifra successivamente confermata), sospettati di aver frodato il fisco USA. È la fine del segreto bancario, commentano in molti. Ma il fisco USA (IRS) non demorde: già il giorno dopo inoltra a una Corte federale di Miami
una causa civile contro UBS e chiede i nomi dei titolari di 52'000
conti aperti presso la grande banca. UBS respinge la richiesta adducendo
una violazione della legislazione elvetica sul segreto bancario e degli
accordi fiscali in vigore fra Berna e Washington. Ma nell'imminenza del
processo a Miami, già rinviato per tre volte dal giudice Alan Gold, Svizzera e Stati Uniti firmano il 19 agosto 2009 a Washington
un accordo sul caso UBS: gli USA rinunciano a misure unilaterali e
ritireranno la causa civile che mirava a ottenere l'identità di 52'000
titolari di conti UBS
sospettati di reati fiscali, mentre la Confederazione si
impegna a fornire entro un anno informazioni su circa 4'450 conti di clienti USA.(->WSJ; testo accordo). L'8 gennaio 2010 il Tribunale amministrativo federale (TAF) rende nota la sua sentenza del 5.1 (B-1092/2009
pdf, Comunicato) in cui bacchetta la decisione della FINMA del 18 febbraio 2009 (basata sugli articoli 25 e 26 della Legge sulle banche), dichiarandola senza sufficiente base legale (il presidente del TAF Christoph Bandli
non esita a parlare di decisione "chiaramente illegale": SoZ 24.1). La
sentenza suscita scalpore e da più parti si chiede una commissione
parlamentare d'inchiesta (CPI). Il 21 gennaio (notizia il 22), con una "decisione pilota" definitiva (non impugnabile), il TAF accetta il ricorso di una cliente UBS rimettendo in questione anche l'accordo del 19 agosto 2009 (Comunicato,
PDF). La palla passa al parlamento per una eventuale approvazione
retroattiva - molto contestata - dell'accordo (il cui testo non prevede
la ratifica parlamentare!). Il 31 marzo 2010 il Consiglio federale decide di applicare comunque
l'accordo a titolo provvisorio, in attesa che il parlamento decida in
giugno. L'esame delle richieste riguardanti circa 4200 casi di presunta
evasione fiscale grave e continuata può così proseguire, anche se
nessun dato bancario potrà essere trasmesso a Washington senza il via libera
delle Camere. Il 31 maggio 2010
è pubblicato il rapporto delle commissioni di gestione del Parlamento,
molto critico verso il Consiglio federale e il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz -> PDF Rapport CdG: Crise financière / transmission de données clients d’UBS aux Etats-Unis. Nella sessione di giugno il Consiglio nazionale vota l'istituzione di una CPI, ma gli Stati la rifiutano. Il 17 giugno 2010,
dopo un estenuante tiraemolla tra le due camere, il parlamento approva
definitivamente l'accordo UBS-USA, rinunciando a sottoporlo a
referendum. Il 15 luglio 2011 il Tribunale federale ribalta la sentenza del TAF del 18.2.2009 e giudica legale la trasmissione dei dati di 255 clienti americani (-> PDF comunicato TF; notizia ATS) agli USA, da cui arriva lo stesso giorno la notizia dell'apertura di un'inchiesta contro il Credit Suisse (-> ATS).